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Progetto FreeWeed - Legalizzazione Cannabis


Articolo dell’Avvocato Carlo Alberto Zaina

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Sciolgo la riserva che ieri ho formulato, preannunziandovi un approfondimento del DDL S. 2144 in materia di coltivazione di canapa industriale.
il punto cruciale è dato dall’art. 7-bis inserito su proposta del Sen. GUALDANI (appartenente ad AP che credo sia lo stesso partito del Sen. GIOVANARDI e questa circostanza apparirebbe piuttosto sintomatica) e che riporto testualmente

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(Disciplina della commercializzazione delle sementi di canapa)
1. Sono escluse, dalle norme del comma 8 dell’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1065 del 1973, le confezioni di sementi di canapa poste in circolazione a qualsiasi titolo e destinazione d’uso e che, pertanto, sono sottoposte alle norme previste dalla legge n. 1096 del 1971, in quanto sementi iscritte al registro e quindi certificate.
2. Sono vietate la vendita o la cessione, anche attraverso internet e a qualsiasi titolo, nonché l’acquisto, la detenzione, il possesso, la coltivazione e la produzione di sementi di canapa di qualsiasi
varietà che non siano regolarmente certificate ai sensi del decreto legislativo 3 novembre 2003, n. 308.
3. L’acquisto delle sementi certificate è consentito solo per le imprese agricole regolarmente iscritte alla Camera di Commercio e dotate di fascicolo aziendale nell’ambito del Sistema informativo
agricolo nazionale (SIAN), quando destinate esclusivamente alla produzione di fibre e/o di olio da utilizzare per usi industriali e/o agronomici e/o alimentare, compresa la coltivazione effettuata per
scopi di riproduzione/moltiplicazione del seme delle varietà certificate.
4. La violazione del divieto di cui al comma 2 comporta l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’articolo 33 della legge 25 novembre 1971, n. 1096.
5. Le imprese agricole che coltivano sementi di canapa certificate devono conservare il cartellino di certificazione sementiera per la durata della vita della pianta e comunque per un periodo non
inferiore a dodici mesi dalla data di semina.
6. All’impresa agricola che non sia trovata in possesso di tali certificazioni è applicata la sanzione amministrativa prevista dall’articolo 33 della legge 25 novembre 1971, n. 1096, salvo che il fatto non costituisca reato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, accertato con un campionamento della coltivazione.
7. Le modalità di prelevamento e di analisi dei campioni provenienti da colture in pieno campo, ai fini della determinazione quantitativa del contenuto di THC delle varietà di canapa, dovrà seguire
quanto previsto, specificatamente, nell’allegato 4 del decreto ministeriale n. 7588 del 5 aprile 2011.
8. I prelevamenti e le analisi di cui al comma 7, quando svolte con finalità ispettive, sono effettuati dal personale del Comando Carabinieri politiche agricole e alimentari, del Dipartimento
dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali o di enti delegati da AGEA, fatto salvo ogni
tipo di controllo effettuati con le stesse modalità di accertamento da parte delle autorità competenti in merito alla pubblica sicurezza e alle attività giudiziarie.
9. Dalla applicazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le Amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente».

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Le norme che principalmente ci interessano sono contenute nei commi 2, 3 e 4.
Or bene, nella parte precettiva della norma si intenderebbe
Art. 2
1)vietare
A) la vendita o la cessione, anche attraverso internet e a qualsiasi titolo,
B) l’acquisto, la detenzione, il possesso, la coltivazione e la produzione
di sementi di canapa di qualsiasi varietà che non siano regolarmente certificate ai sensi del decreto legislativo 3 novembre 2003, n. 308.
Art. 3
2) consentire
l’acquisto delle sementi solo alle imprese agricole regolarmente iscritte alla Camera di Commercio e dotate di fascicolo aziendale nell’ambito del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), quando destinate esclusivamente alla produzione di fibre e/o di olio da utilizzare per usi industriali e/o agronomici e/o alimentare, compresa la coltivazione effettuata per scopi di riproduzione/moltiplicazione del seme delle varietà certificate.
Appare evidente che il malcelato fine del legislatore pare essere posto ben oltre la formale ed apparente regolamentazione della cd. “filiera agroindustriale” della canapa.

Esso sembra, invece, intervenire, con il pretesto del governo della filiera summenzionata, in modo fortemente repressivo su qualsivoglia forma tout court (ed il richiamo allo strumento internet è significativo) di commercio dei semi di cannabis.
Il dubbio che si avanza è plausibile, perchè sarebbe di spiccata evidenza la ragione che sottenderebbe a simile opzione.
Non potendo, infatti, inserire i semi fra le sostanze stupefacenti, siccome essi non contengono principi attivi di natura psicoattiva (V. Conv. NY 1972 e segg.) e non essendo i semi catalogabili come precursori della sostanza ricavabile dalla coltivazione, una parte politica di chiara impronta antiproibizionista, intende spostare l’azione di messa fuorilegge del commercio dei semi sotto il profilo puramente formale, che appare l’unica soluzione possibile.

Da qui l’imposizione del divieto di cessione e di acquisto che ho indicato e la restrizione a particolari soggetti del diritto all’acquisto.
Ritengo, però, salvo maggiori e meditati approfondimenti, che ove si ritenessero ricompresi nella previsione normativa in esame anche i semi di cannabis destinati al collezionismo od a forme di coltivazioni diverse da quella “agroindustriale”, il legislatore avrebbe grossolanamente ecceduto i limiti dell’argomento che il DDL intendeva disciplinare.
Va, infatti, evidenziato che tutto il lungo e stantio dibattito parlamentare sottostante al DDL S. 2144 si è sempre incentrato su quelle attività di produzione di alimenti, cosmetici, semilavorati, di opere di bioingegnaria etc..

Mai ci si è soffermati sull’attività di commercio dei semi per usi ludici o di collezionismo.
Vale a dire che oggetto della discussione – come d’altronde espressamente sancito nella rubrica del testo normativo che recita espressamente (Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa) – è l’attività imprenditoriale e l’approvvigionamento per l’esercizio della stessa, non già il commercio per usi privati non industriali o manifatturieri.
Confesso, inoltre, che il richiamo operato alle procedure di certificazione, che sarebbero previste nel d.l.vo 308/2003, mi appare di difficile decodificazione, comprensione e raccordo con il DDL in oggetto, proprio perchè quest’ultimo testo normativo risulta del tutto oscuro nella parte in cui si dovrebbero chiarire i termini della certificazione richiesta.

Ma vi è di più.

Nel suo furore repressivo il legislatore ha accumunato nel comma 2 dell’art. 7 bis sia il divieto di vendita o di cessione, (anche attraverso internet e a qualsiasi titolo) a quello di acquisto, detenzione, possesso, coltivazione e produzione di sementi di canapa di qualsiasi varietà .
Si tratta di una previsione di carattere ordinatorio che appare eterogenea, contraddittoria, illogica.
Essa, infatti, assimila tra loro condotte che sono del tutto differenti e non tiene in minimo conto la circostanza che le sanzioni amministrative previste dal successivo comma 4 (che rimanda all’art. 33 della L. 25.11.1971 n. 1096) si riferiscono solo a coloro che pongano in commercio prodotti sementieri non rispondenti ai requisiti stabiliti, o non rispondenti a quelli indicati sulla merce.
In tal caso si applica la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma stabilita in misura proporzionale di € 40 per ogni quintale o frazione di quintale di prodotti sementieri e comunque per un importo non inferiore a € 4.000.

Due considerazioni, quindi, si rendono necessarie
La prima è che al divieto di acquisto, detenzione, possesso, coltivazione e produzione non sembra correlata alcuna sanzione.
La seconda è quella che, in realtà e testualmente, viene punita amministrativamente la commercializzazione di prodotti che non rispondano a specifiche caratteristiche (ma allo stato, anche volendo in linea puramente teorica, estendere l’efficacia normativa anche ai semi di cannabis, non è dato comprendere quali esse siano) o che risulti differenti da quanto riportato sulle etichette.

Ritengo, pertanto, (ed è un parere del tutto personale, che, quindi, va preso come opinione personale, ancorchè motivata) che, allo stato attuale, la commercializzazione e vendita di semi di cannabis destinata a fini diversi da quelli di produzione industriale, agroalimentare, bioingegneristica e forme assimilate, non possa ragionevolmente rientrare nel novero dei divieti e delle limitazioni introdotte con il DDL S. 2144.

Il commercio di semi di cannabis rimarrebbe, pertanto, a mio avviso, attività lecita e non sanzionabile sotto alcun aspetto.

Ho, così. inteso proporvi una prima riflessione e sarò ben lieto di confrontarmi con tutti coloro lo volessero fare siccome seriamente interessati al tema.

 

Avvocato Carlo Alberto Zaina

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