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Egregi Parlamentari,

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siamo un’Associazione nazionale trasversale ed apartitica, composta anche da elettori di ogni tendenza politica che amano la cannabis, sostenitori e attivisti, presente da circa 3 anni su tutto il territorio nazionale.

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Lavoriamo in modo No-Profit, seguendo le regole del volontariato, mantenendoci indipendenti da qualsiasi schieramento politico e cercando di collaborare con chiunque abbia i nostri stessi obiettivi.

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Noi tutti ci battiamo in prima persona per la regolamentazione dell’auto-produzione di cannabis per uso personale per tutti i cittadini italiani maggiorenni, in modo da poter svolgere questa pratica senza incorrere in alcuna sanzione, né penale ne amministrativa, né limitati da alcuna licenza o autorizzazione.

Vi scriviamo questa lettera aperta dopo aver preso visione della Vostra idea di creare un intergruppo parlamentare per la legalizzazione della cannabis, al fine di suggerirVi, senza pretese, il coinvolgimento, quantomeno a livello consultivo, di Associazioni che da tempo lavorano su queste tematiche, onde evitare che, come invece spesso accade per questa ed altre materie oggetto di interesse da parte del legislatore, si vengano a determinare storture che poi nella pratica finirebbero per inficiare il lavoro e lo sforzo del Vostro intergruppo e di tutte le Associazioni che ogni giorno si impegnano, per raggiungere la regolamentazione della coltivazione di cannabis per uso personale.

Dal nostro punto di vista, dunque, il nodo centrale di tutta la questione è ottenere la possibilità, per ciascun cittadino italiano maggiorenne, di coltivare cannabis, sia indica che sativa, per uso personale, senza incorrere in alcun tipo di sanzione.

La Cannabis è, come noto, una pianta che si adatta a differenti utilizzi, e probabilmente per molti, in futuro come ora, potrebbe anche essere fonte di lavoro e di reddito, per molti altri potrebbe essere un hobby o un’occasione di socializzazione, per altri ancora un mezzo per alleviare disagi e dolori ed addirittura, per alcuni, una vera e propria cura.

Viviamo in una società liberale, lo Stato si sta progressivamente ritirando dalle attività produttive, vengono perfino privatizzati servizi per la distribuzione di beni che sono nella coscienza del nostro popolo “Beni Comuni” e questo persino in spregio all’ esito di un referendum. Purtroppo, molto spesso, questo passo indietro nei confronti del Pubblico, ha aperto la strada non ad un’ economia e ad un mercato diffusi ed aperti, ma a concentrazioni che hanno il sapore di oligopoli se non di veri e propri monopoli. Vi citiamo, una per tutte, la situazione che si è venuta a creare sulla questione “slot machines” con l’affidamento di concessioni ad aziende che poco o nulla contribuiscono comunque al bilancio dello Stato e, alcune, si dice, siano persino parte di holdings non perfettamente trasparenti.

Un dato di fatto chiaro è che ad oggi il mercato della cannabis è nelle mani del crimine organizzato; crediamo che sarebbe bene provare ad evitare che rimanga legalmente nelle stesse mani.

Proprio per evitare che possa avverarsi una tale situazione, riteniamo che determinare il diritto all’autoproduzione di piante di cannabis indica e sativa per uso personale, privatamente e/o in modo collettivo attraverso la possibilità di delegare la propria coltivazione personale utilizzando la formula dei Cannabis Social Clubs, sia la strada maestra da seguire.

Consideriamo che, in Italia, il consumatore di cannabis, qualunque sia la motivazione del suo uso personale, viene ancora considerato come un criminale ed è ancora perseguibile a livello penale qualora decidesse di coltivare la pianta di cannabis per il suo solo consumo personale in alternativa al rivolgersi al mercato illegale dove invece, situazione emersa anche in numerose ricerche pubbliche recenti, otterrebbe un prodotto adulterato.

Come sappiamo, infatti, in questo mercato illegale, la prima preoccupazione del “vero” spacciatore non è la qualità del prodotto o il benessere del consumatore, ma il peso finale e quindi il relativo guadagno che ne trarrà dalla vendita.

Inoltre, in Italia, la detenzione di cannabis per uso personale è depenalizzata secondo DPR 309/90, e se si viene trovati in possesso di una quantità esigua di prodotto finale, senza fattori che indichino un atto coltivativo o di spaccio, il reato è solamente di tipo amministrativo, la cui sanzione varia dalla semplice segnalazione al SERT del proprio comune di residenza al ritiro della patente o del documento di identità/passaporto; questa situazione di apparente vantaggio per il consumatore molto spesso ne limita l’azione a livello di approvvigionamento, favorendone il riversarsi sul mercato nero per reperire la sostanza, dove se venisse sorpreso dalle FF.OO nella sua condotta illegale di acquisto rischierebbe al massimo una sanzione amministrativa, facendogli dunque preferire per questioni puramente logiche questa pratica rispetto all’autoproduzione di cannabis per il suo uso personale, per la quale rischierebbe dai 2 ai 6 anni di reclusione, ma grazie alla quale realmente potrebbe combattere le organizzazioni criminali ed il narcotraffico.

Allo stesso modo le stesse organizzazioni criminali, prendendo atto di questa legislazione, si sono organizzate con piani di distribuzione che rendano inutili queste tipologie di controllo quantitativo, limitando le quantità detenute dai singoli “spacciatori”, creando anche una notevole confusione nelle FF.OO. e nei Giudici, che devono sempre decidere caso per caso, spesso valutando i trascorsi dei singoli consumatori, molti dei quali però sono stati penalizzati dalla precedente, incostituzionale, legge Fini-Giovanardi, abrogata dalla Corte Costituzionale nel febbraio 2014, creando un quadro anacronistico ed incongruente di sanzioni e fedine penali.

Il mercato illegale, dunque, gode del vantaggio riservatogli dalla legislazione italiana che vieta penalmente l’autoproduzione di cannabis per uso personale, riversando nel mercato nero circa 4,5 milioni di cittadini italiani consumatori di cannabis; si è calcolato che ogni anno il mercato illegale della sola cannabis in Italia ammonti circa a 5 milioni di euro.

Crediamo sia giusto togliere questo mercato dalle mani del crimine organizzato, senza però consegnare il monopolio di distribuzione alle sole aziende private od autorizzate, ma svincolando prima di tutto l’autoproduzione di cannabis per uso personale per ciascun cittadino italiano maggiorenne, ritenendola la miglior pratica per combattere il narcotraffico e le organizzazioni criminale ad oggi realmente attuabile e concretamente realizzabile.

Inoltre questa politica proibizionista verso la coltivazione domestica di cannabis per uso personale, che vorremmo tutti terminasse presto, ha portato comunque ad un aumento deciso dei consumatori di cannabis a livello occasionale, in costante crescita dal 2010 ad oggi, dimostrando che il divieto non frena la diffusione.

A questi dati si aggiunge il dato della Spesa Pubblica riservata alle FF.OO. per la repressione del mercato illegale delle sostanze stupefacenti, circa 1 milione di euro all’anno, di cui circa un terzo per la repressione del commercio illecito della cannabis; siamo palesemente di fronte ad un paradosso sociale che impone alla FF.OO. di reprimere il mercato illegale della cannabis concentrando però, secondo norma di legge, gli sforzi maggiormente sulla repressione dell’unica metodologia realmente in grado di debellare il mercato illegale della cannabis, ossia l’autoproduzione di cannabis per uso personale, e sul sanzionare comunque il semplice consumatore.

Una effettiva regolamentazione della produzione di cannabis per uso personale porterebbe enormi vantaggi anche per quanto concerne questa situazione, limitando gli interventi delle FF.OO. ai soli “veri spacciatori” ed alle organizzazioni criminali che lucrerebbero illegalmente sopra la distribuzione della cannabis, frenando notevolmente il ricircolo del denaro nel mercato nero, che influenza anch’esso negativamente il PIL italiano, senza dimenticare che si garantirebbe al consumatore, e quindi al cittadino italiano, di ottenere un prodotto finale sicuramente migliore per qualità rispetto a quello ottenuto dal mercato illegale, garantendone la reale possibilità e diritto di un uso personale senza dover essere esposto ad una situazione di illegalità per l’approvvigionamento.

Parallelamente a questa situazione si sviluppa il livello terapeutico della cannabis, la cui distribuzione come farmaco è già divenuta monopolio (prima internazionale ora nazionale); i costi elevati, l’impossibilità di reperire rapidamente la cannabis ed il fatto che non viene prescritta per tutte le malattie per cui porterebbe benefici, portano spesso il paziente a rivolgersi al mercato nero per l’approvvigionamento, oppure a spendere cifre incredibili ed insostenibili, quando invece potrebbe semplicemente coltivare la sua pianta di cannabis ed utilizzarne l’inflorescenza come terapia per la sua malattia, nel pieno riconoscimento del Diritto di Cura del paziente.

In ultima analisi, anche se siamo coscienti che ci stiamo avventurando in un terreno difficile, ci corre l’obbligo di meglio approfondire la questione dell’ autoproduzione: non vorremmo annoiarvi con specifiche tecniche o ripercorrere la storia della pianta di cannabis, dalle varietà a dimensione locale che erano diffuse in tutto il mondo solo negli anni settanta ed ottanta del secolo scorso alle varietà adattate alla coltivazione indoor dei nostri giorni, piuttosto che quelle che sopportano climi più rigidi del nostro, ma, anche qui come per tutto il resto della questione, ci sono punti dirimenti che andranno sicuramente chiariti a fondo, come ad esempio quanto possa essere il consumo di un utente medio, quante piante si necessitano per ottenere privatamente un simile raccolto e quante altre piante dovremmo concedere ad ogni coltivatore per tentare di selezionare varietà da outdoor adatte al nostro clima, ovvero se vogliamo garantire ai coltivatori la possibilità di coltivare anche piante madri.

Dunque basarsi solo sulla definizione di un numero di piante coltivabili può diventare un’unità di misura astratta e che probabilmente mal si adatta alle differenti casistiche che si riscontrano nella vita di ogni giorno. Persino noi, però, pur immaginando un paese dove ciascuno sia libero di coltivare come preferisce, siamo ben coscienti che un parametro dovrà essere seguito, ma dovrebbe essere il più possibile efficace, logico, e soddisfacente per un uso corretto, libero e responsabile di questa pianta così mutevole.

Diventa pertanto imperativo, peraltro con nostro rammarico, ragionare anche sulle tipologie di piante, comprendere che tante piccole piante adatte alla coltivazione indoor, che giungono a maturazione molto in fretta, producono come una singola pianta adatta alla coltivazione outdoor nel nostro clima e che per selezionare una varietà molti esperimenti devono essere fatti, molti esemplari sacrificati, e sono dunque necessari sia maschi che femmine; ma i maschi non possono essere conteggiati tra le piante coltivate per scopi che siano diversi dalla sola riproduzione. Vogliate considerare che porre limiti non attentamente ponderati, anche considerando questi aspetti, potrebbe tagliare fuori i coltivatori italiani dalla possibilità della ricerca genetica e consegnarli per sempre alla dipendenza da selezionatori privati.

 

Per tutte le motivazioni espresse crediamo sia necessario sviluppare una Proposta Di Legge che abbia come punto basilare la regolamentazione dell’Autoproduzione di Cannabis per Uso Personale per ogni cittadino italiano maggiorenne, senza che essa sia sanzionata o limitata da autorizzazioni o licenze, ben definita nel numero delle piante coltivabili, dei cicli, delle riproduzioni e delle genetiche.

Non siamo contrari alla “legalizzazione della cannabis”, anzi crediamo che, se dovesse avverarsi, debba però partire dal garantire ad ogni cittadino la possibilità di autoprodurre cannabis per il proprio uso personale, garantendolo come diritto; il mercato economico che si potrebbe creare non verrebbe intaccato da questa scelta, semplicemente verrebbe garantita la possibilità per ciascun cittadino italiano maggiorenne di poter scegliere se coltivare cannabis per un uso personale o rivolgersi presso le eventuali aziende che inevitabilmente prenderanno il mercato che si andrà a sviluppare legalmente.

Crediamo che garantire l’autoproduzione porrà sicuramente un freno alle attività illecite che potrebbero svilupparsi comunque in un futuro di legalizzazione e non danneggerà in alcun modo il mercato legale e controllato che invece sembra si voglia sviluppare, ma soprattutto porterà un reale beneficio sociale, economico e legislativo.

Infine vorremmo invitarVi alla mobilitazione affinchè si svolga la Conferenza Governativa sulle Droghe, programmata secondo norma di legge DRP 309/90 ogni 3 anni, ma svoltosi l’ultima volta ormai 7 anni fa, forse per una dimenticanza del Governo, che però in questo caso infrange proprio la legge che tanto tenacemente invece viene difesa ed attuata in altri paragrafi.

Contemporaneamente, Vi invitiamo ad effettuare pressione sul Governo affinchè si proceda alla nomina del nuovo capo del DPA (Dipartimento Politiche AntiDroga), in modo che sia finalmente redatto un nuovo piano di Politiche sulle Droghe, considerando che il piano precedente è scaduto nel 2013,  augurandoci che ciò avvenga tenendo conto delle nuove richieste e proposte effettuate dalla nostra Associazione ed anche dal Vostro Intergruppo.

 

Vi ringraziamo per il tempo concesso alla lettura.

Attendendo una Vostra Risposta, Vi salutiamo.

 

Associazione FreeWeed Board.

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Di Redazione

Associazione Nazionale FreeWeed Board, 100% Noprofit, Apartitica ed Indipendente.

6 pensiero su “Lettera dell’Ass. FreeWeed all’Intergruppo Parlamentare”
  1. grande sarebbe bellissima come cosa, io ora sto affrontando un definitivo di 2 anni risalente al 2010 ma mi è arrivato circa un mese fa, oltre ad essermi gia fatto 2 anni fa un anno di arresti sempre inerenti alle legge fini-giovanardi per 7g. Non capisco l’assurda repressione che c’è dietro alla cannabis, ci trattano come stupratori, assassini e ancor peggio ci tolgono degli anni di vita tra avvocati, giudici(inetti), e forze del ordine che danno la caccia alle streghe anche in maniera piuttosto violenta. Intanto ora per questa condanna del 2010 mi devo rifare o 2 anni di arresti di nuovo e affidamento hai servizi sociali, l’unica cosa che mi dispiace è che mia figlia vedra o il padre in casa per due anni (senza poterla neanche portare al parco) o servizi sociali che si impicceranno degli affari non loro. con questo vi saluto e….. FORZA FREE WEED

  2. Buondy’ gente,sono una persona che sta pagando x i “crimini” imposti da uno stato che attualmente,m’impedisce d’avviare un’attività(considerata da TUTTI)se nn redditizia che mi consente di vivere…Io,nn ho rotto i coglioni a NESSUNO lo stato li sta rompendo a me,nn ho assolutamente intenzione di chiedere dei “danni” apportati dall’applicazione della legge…Vi chiedo solo di valutare x bene la proposta legislativa fatta dal ProgettoFreeweed…

Rispondi a Massimo D'osualdo

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