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Quando si vota

il 4 marzo 2018 (dalle 7 alle 23)

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Quali documenti portare: tessera elettorale e documento di identità

Chi avesse smarrito la propria tessera, potrà chiederne il duplicato agli uffici comunali, che saranno aperti da martedì 27 febbraio a sabato 3 marzo, dalle ore 9 alle ore 19, e domenica 4 marzo per tutta la durata delle operazioni di voto.

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Per che cosa si vota: per eleggere i nuovi deputati e senatori della Camera e del Senato.

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LE SCHEDE PER CAMERA E SENATO

Due schede elettorali – Le schede (rosa per la Camera, gialla per il Senato) rappresentano una novità assoluta. La scheda è fatta di diverse aree corrispondenti a ciascun partito o coalizione.

Il candidato uninominale – Nello spazio rettangolare c’è un unico nome: è il candidato scelto da ogni partito o coalizione nel singolo collegio uninominale.

I simboli dei partiti – Sotto, una serie di caselle indica un nome e un simbolo di uno o più partiti, se in coalizione, che presentano da due a quattro nomi del cosiddetto ‘listino bloccato’. Le singole liste dei candidati si presentano nel proporzionale a sostegno del singolo candidato di collegio.

Due novità

  • La prima sono le ‘istruzioni per l’uso’: si trovano sul retro della scheda.
  • La seconda è il ‘tagliando antifrode’, con un codice progressivo alfanumerico, introdotto per impedire il voto di scambio.

 

La nuova legge prevede un sistema elettorale misto sia alla Camera che al Senato: un terzo dei seggi è assegnato con il sistema maggioritario e due terzi con il sistema proporzionale.

Con il sistema maggioritario in ciascun collegio viene eletto un solo candidato: quello che ottiene più voti.

Con il sistema proporzionale a ciascuna lista o coalizione di liste sono assegnati i seggi in proporzione ai voti ottenuti, calcolati a livello nazionale e poi ridistribuiti nelle singole circoscrizioni territoriali.

 




Per l’elezione della Camera dei deputati la scheda è rosa.

Per l’elezione del Senato della Repubblica la scheda è gialla.

Risultati immagini per votazioni 4 marzo 2018

Risultati immagini per come si vota il 4 marzo 2018

Ogni candidato che concorre con sistema maggioritario è identificato sulla scheda elettorale perché il suo nome è scritto dentro un rettangolo che non presenta simboli ed è collocato in alto rispetto alla lista o alle liste collegate. Ogni lista o coalizione di liste è collegata a un solo candidato.

 

Con il sistema maggioritario sono assegnati 232 seggi alla Camera (225 eletti in 18 regioni, uno in Valle d’Aosta, sei in Trentino-Alto Adige.)

I restanti 386 seggi saranno assegnati col sistema proporzionale ai diversi partiti a seconda che superino lo sbarramento del 3%; 12 seggi vengono assegnati alle circoscrizioni Estero)

Sempre con il sistema maggioritario sono assegnati 116 seggi al Senato (116 saranno eletti in altrettanti collegi uninominali maggioritari: 109 in 18 regioni, uno in Valle d’Aosta, sei in Trentino-Alto Adige.)

I restanti 193 seggi saranno assegnati con il proporzionale con un calcolo su base regionale. In più i 6 seggi dell’Estero (e i 6 senatori a vita).

Risultati immagini per come si vota il 4 marzo 2018

 

Risultati immagini per come si vota il 4 marzo 2018

 

 

COME SI VOTA

Il meccanismo è descritto nell’articolo 58 della legge 361 del 1957, come aggiornata dalla legge che ha introdotto il Rosatellum.

L’elettore consegna al presidente la scheda chiusa e la matita. Il presidente constata la chiusura della scheda e, nel caso in cui non fosse chiusa, invita l’elettore a chiuderla, facendolo rientrare in cabina; ne verifica l’identità esaminando la firma e il bollo, e confrontando il numero scritto sull’appendice con quello scritto sulla lista; ne stacca l’appendice seguendo la linea tratteggiata, stacca il tagliando antifrode dalla scheda, controlla che il numero progressivo sia lo stesso annotato prima della consegna e, successivamente, pone la scheda senza tagliando nell’urna. Questo sistema è stato introdotto per evitare che il cittadino porti con sé e consegni schede contraffatte, compilate fuori dal seggio.

Ciascuna scheda, in un rettangolo, ha il nome e il cognome del candidato nel collegio uninominale. Nel rettangolo o nei rettangoli sottostanti, sono riportati il simbolo della lista o delle liste, collegate al candidato uninominale, con a fianco i nomi e i cognomi dei candidati, da un minimo di 2 a un massimo di 4, nel collegio plurinominale, secondo il rispettivo ordine di presentazione.

L’elettore potrà votare apponendo un segno sulla lista prescelta e il voto si estenderà anche al candidato uninominale collegato, oppure potrà apporre un segno su un candidato uninominale e il voto si estenderà alla lista o alle liste collegate in misura proporzionale ai voti ottenuti nel collegio da ogni singola lista.

Risultati immagini per come si vota il 4 marzo 2018

Il voto è valido anche se si appone il segno sia sul candidato uninominale che sulla lista o su una delle liste collegate, non è possibile il voto disgiunto, cioè votare un candidato uninominale e una lista collegata a un altro candidato uninominale.

E’ vietato scrivere sulla scheda il nominativo dei candidati e qualsiasi altra indicazione.

Nella regione Valle d’Aosta, per la Camera e per il Senato, l’elettore esprime il voto tracciando con la matita un segno sul contrassegno del candidato prescelto o comunque nel rettangolo che lo contiene.

 

Espresso il voto l’elettore consegna la scheda al presidente del seggio.

E’ il presidente che stacca il ‘tagliando antifrode’ e, solo dopo aver verificato la corrispondenza del numero del codice con quello annotato al momento della consegna della scheda, la inserisce nell’urna.

OPZIONI DI VOTO

– L’elettore barra solo il nome del candidato del collegio uninominale.

In questo caso, il voto si trasferisce automaticamente al partito o ai partiti che lo sostengono nella parte proporzionale. Se vi sono più partiti a sostegno di una coalizione, il voto si ‘spalma’, in modo perfettamente proporzionale, a tutte le liste che lo sostengono in quella circoscrizione.

2 – L’elettore traccia un segno solo sul simbolo della lista, cioè del partito, che vuole sostenere.

Sia che si tratti di un partito singolo, sia che si tratti di un partito in coalizione, il voto dato al partito si trasferisce automaticamente anche al candidato nel collegio uninominale sostenuto dalla lista votata nella parte proporzionale.

3 – L’elettore può tracciare un doppio segno sul candidato dell’uninominale e su una lista che lo appoggia nella parte proporzionale.

Il voto è valido. Ma attenzione: il voto è nullo se l’elettore traccia due segni, uno sul nome del candidato nel collegio e uno sul simbolo di una lista, a cui quel candidato non è collegato nella parte proporzionale (e viceversa).

 

OPZIONI DI NON VOTO

(tratto da LaLeggePerTutti.it)

Di modi per avvalersi dalla facoltà di non scegliere (o di scegliere il «non voto» alle elezioni del 4 marzo ce ne sono, per carità. Uno, è quello di non andare a votare, cioè di aderire al «partito dell’astensione». Un altro, è quello di rifiutare la scheda al seggio dopo essersi registrati. Infine, c’è quello di andare in cabina, aprire la scheda e annullarla con una scritta più o meno originale (la fantasia non la limiti, purtroppo o per fortuna).

Siccome la matematica non è un’opinione ed il sistema elettorale si basa su una percentuale di voti validi e non su una percentuale di votanti (questo viene richiesto soltanto ai referendum dov’è necessario il quorum, cioè il voto del 50% più uno degli aventi diritto al voto), paradossalmente basterebbe un solo voto per fare un Parlamento: risulterebbe che quel partito ha preso il 100% dei voti (Dio ce ne scampi, che il vincitore sia di destra, di centro o di sinistra). Lei dirà, caro lettore, che un solo italiano non può decidere per gli altri 60 milioni. Ed ha perfettamente ragione. Ma non presentarsi alle urne non impedisce a chi prende il maggior numero di voti di prendersi anche il potere. Mentre annullare una scheda potrebbe incidere sul risultato elettorale rendendo più forte il partito sconfitto, cioè sarebbe come votare per lui. In democrazia, che piaccia o no, funziona così.

Certo che visto l’andazzo della politica, a uno viene voglia ogni tanto di dire: «Facciamo tutti un voto di protesta, così capiscono che il popolo ne ha fin sopra la cima dei capelli di questi personaggi». Soprattutto di fronte ad una tornata elettorale (quella del 4 marzo, appunto) in cui si ha l’impressione – per non dire la certezza – che non ci sarà un vincitore netto e che si avrà, per l’ennesima volta, un Governo pasticciato, frutto di un accordo sottoscritto a tavolino anche da chi ha perso (in percentuale) le elezioni. Questo succede perché non c’è una legge elettorale in grado di evitare questa possibilità il che, a sua volta, succede perché la legge elettorale viene fatta da chi deve essere eletto e non vuole perdere la ghiotta occasione di occupare un posto di potere nelle successive legislature. Forse un sistema come quello delle presidenziali francesi o, più semplicemente, come quello delle amministrative nei Comuni con più di 15mila abitanti servirebbe ad esorcizzare la prospettiva del cosiddetto «inciuccio»: i due partiti che prendono più voti vanno ad un ballottaggio e chi vince governa. Almeno si avrebbe la certezza che chi prende il potere in mano ha il consenso della maggioranza degli elettori. E se, a fine, legislatura, non ha fatto bene, lo si manda a casa. Ma è chiedere troppo, evidentemente.

Il «non voto», dunque, è – per quanto rispettabile – palesemente rischioso quando viene espresso per non favorire un candidato. Vediamo meglio perché, facendo anche qualche esempio.

Voto di protesta: registrarsi al seggio e non votare

È la scelta che potremmo chiamare «del protestante burocrate». Consiste nel presentarsi al seggio il giorno delle elezioni, farsi registrare, rifiutare poi di ritirare la scheda e, infine, chiedere di verbalizzare le ragioni della protesta. Più diffusa di quanto si possa pensare, visto che, in passato, il Ministero dell’Interno ha sentito il bisogno di intervenire e di dare delle direttive ben precise ai presidenti dei seggi.

Quello che il Viminale ha chiesto è che, per evitare di rallentare le operazioni di voto, venga verbalizzata in modo veloce e sintetico la protesta dell’elettore, le cui generalità saranno allegate al verbale insieme ad eventuali documenti scritti (magari a casa, così gli altri votanti riescono ad arrivare a casa per mangiare a una certa ora) e presentati al seggio dal cittadino. Questo significa che il «protestante burocrate» è uno che non teme di mostrare la propria faccia e che vuole sottoscrivere, con tanto di nome e cognome, il motivo del proprio dissenso.

Perché questo «non voto» non incide sul risultato elettorale? Perché, ai fini delle rilevazioni statistiche sulla affluenza alle urne, i cittadini che vorranno aderire alla singolare protesta non saranno conteggiati tra i votanti della sezione elettorale, bensì saranno considerati come «non votanti». Insomma, è come se fossero rimasti a casa.

Il «protestante burocrate», però, non demorde, è uno che fa le cose per principio, ed è anche un sognatore: è convinto che qualcuno, a Palazzo, leggerà il motivo della sua protesta. Dimostra, in questo modo, la fiducia nei politici che non ha avuto alle urne.

Diverso il caso di chi si rifiuta di andare in cabina ma prende la scheda in mano e la riconsegna immediatamente. In questo caso verrà conteggiato tra chi ha votato «in bianco». Ma la sua protesta non verrà verbalizzata. Non sarà un «protestante burocrate», ma un «protestante nulladicente».

 

Voto di protesta: annullare la scheda in cabina

È la scelta del «protestante viscerale». Consiste nel ritirare la scheda al seggio, andare in cabina, armarsi di matita e scrivere le frasi più improbabili rivolte ai politici per annullare la scheda. C’è chi consiglia ai candidati di andare a farsi un giro in posti poco ortodossi, chi esprime il proprio dissenso scrivendo di essere stanco di loro, chi augura ai politici di non soffrire più di stitichezza. Leggere quelle schede è un po’ come leggere le scritte sulle porte dei bagni pubblici dei licei o delle vecchie osterie.

Tutto inutile? Non proprio, se si ha la pretesa che questo «non voto» possa incidere sul risultato elettorale: è probabile che il gesto del «protestante viscerale» abbia un effetto boomerang e che faccia un favore a chi ha ottenuto meno voti. Facciamo un esempio.

Partito A contro partito B. Sei elettori alle urne.

Prima ipotesi: l’elettore 1 non sa per chi votare ma considera il partito A il male minore.

Gli elettori 1, 2, 3 e 4 votano per il partito A.

Gli altri due (gli elettori 5 e 6) votano per il partito B.

La vittoria del partito A è netta e otterrà molti più seggi rispetto al partito B.

Seconda ipotesi: l’elettore 1, decide di annullare la scheda in cabina.

Gli elettori 2, 3 e 4 votano sempre per il partito A.

Gli ultimi 2 (gli elettori 5 e 6) votano per il partito B.

L’elettore 1 ha fatto, in questo modo, una cortesia al partito B, che, accorciando le distanze rispetto al partito A, ottiene più seggi. In sostanza, è come se l’elettore 1, che riteneva il partito A il male minore, avesse votato per il partito B.

QUESTA E’ MATEMATICA PROBABILISTICA, non PERFETTA. L’elettore che volesse favorire il partito di minoranza potrebbe meglio farlo votandolo direttamente. Parimenti il voto potrebbe essere che non incida in questo modo diretto sulla “forbice elettorale” che si creerebbe.

Conviene davvero il «non voto»?

Il Cancelliere di ferro tedesco Otto von Bismark diceva più di cent’anni fa: «Non si mente mai tanto come prima delle elezioni, durante la guerra e dopo la caccia». Nessuno ad un comizio avrebbe il coraggio di Totò, alias Antonio La Trippa che, nel film Gli onorevoli, denunciò i politici che volevano corromperlo per sistemare i loro affari.

Tuttavia, lamentarsi senza avere la voglia di cambiare le cose serve a ben poco. Astenersi dal votorifiutare una scheda o annullarla significa respingere l’unico strumento che la democrazia ci consente per tentare di ribaltare una situazione che non ci piace. In altri Paesi ci invidiano perché abbiamo questa possibilità.

Giusto per restare nel campo delle citazioni, da una parte aveva ragione la rappresentante americana dei Democratici Carlyn Warner quando diceva: «Anni fa, le fiabe iniziavano con ‘c’era una volta’, oggi sappiamo tutti che iniziano con ‘se sarò eletto…’». Dall’altra, però, è innegabile quello che sosteneva il compianto scrittore francese Robert Sabatier: C’è un’azione peggiore che quella di togliere il diritto al voto al cittadino, e consiste nel togliergli la voglia di votare». Sta al cittadino dimostrare che nessuno ha il potere di farlo e di negargli, eventualmente un domani, il diritto di potersi lamentare per aver scelto di scegliere male, piuttosto che di non scegliere.




 

I RISULTATI

Lo spoglio per il Parlamento comincia subito dopo la chiusura dei seggi, alle 23.

“Prima si procede all’accertamento del numero dei votanti e, subito dopo, si comincia lo spoglio delle schede del Senato; a conclusione di tale spoglio, si effettua quello delle schede della Camera dei deputati”, recita il sito del ministero dell’Interno.

Gli elettori sul territorio nazionale, sulla base dei dati riferiti al quindicesimo giorno antecedente la data delle elezioni, sono, per la Camera dei Deputati, 46.604.925, di cui 22.430.202 maschi e 24.174.723 femmine, per il Senato della Repubblica 42.871.428, di cui 20.509.631 maschi e 22.361.797 femmine, che eleggeranno 618 deputati e 309 senatori.

Le sezioni saranno 61.552.

Gli elettori della circoscrizione estero, sulla base dei dati dell’apposito elenco definitivo, sono, per la Camera dei Deputati 4.177.725, e per il Senato della Repubblica 3.791.774, ed eleggeranno, rispettivamente, 12 deputati e 6 senatori.

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